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SITI DI ESTRAZIONE DI MINERALI DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)
Abstract:
L'indicatore considera gli insediamenti estrattivi di minerali di prima categoria, come classificati dalla normativa in vigore con l'esclusione delle fonti energetiche fluide e delle sorgenti di acque minerali e/o termali, presenti sul territorio nazionale dal 1870 ad oggi. Ha la duplice valenza di individuazione dei potenziali giacimenti minerari ancora sfruttabili con tecniche sostenibili e di localizzazione delle potenziali fonti inquinanti legate alle vecchie metodiche estrattive. Dei 3.016 siti che sono stati in produzione negli ultimi 150 anni, solo 120 hanno una concessione ancora in vigore e 75 sono i siti che risultano in produzione nel corso del 2018. 630 siti minerari dismessi o abbandonati presentano un grado di rischio ecologico-sanitario da medio ad alto. Diversi siti minerari musealizzati sono entrati a far parte della Rete Nazionale REMI, gestita da ISPRA.
Descrizione:
Le materie prime minerarie sono alla base dello sviluppo di ogni civiltà e, direttamente o indirettamente, influenzano da sempre ogni tipo di attività umana. La loro importanza è cresciuta nel tempo sino a diventare indispensabili per tutte le tecnologie legate alla decarbonizzazione energetica e veicolare, alla robotica, all'elettronica di consumo, alla tecnologia dell'informazione, all'alta tecnologia civile e militare. Le risorse minerarie sono, quindi, fondamentali per la realizzazione della un caposaldo della transizione ecologica e per il raggiungimento di molti degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG's). Per cercare di garantire un sicuro approvvigionamento di questi materiali all'industria europea, la Commissione Europea ha lanciato la Raw Materials Initiative e ha individuato 30 materiali critici (CRM-Critical Raw Materials). La loro estrazione e lavorazione, quando non condotte con pratiche sostenibili, hanno però dei costi sociali e ambientali che possono essere anche particolarmente gravosi e che attualmente sono pagati dai paesi africani, sudamericani e asiatici. L'indicatore ha quindi una duplice valenza. Da una parte definisce la diffusione sul territorio dei siti estrattivi di minerali di prima categoria (miniere) attivi e dismessi o abbandonati, localizzando i giacimenti minerari sfruttati e sfruttabili, fornendo indicazioni sulle tipologie di minerali estratti e sull'evoluzione temporale delle attività minerarie nel territorio nazionale.
Dall'altra parte fornisce indicazioni sulle potenziali fonti inquinanti connesse alla struttura e alla geometria dell'area coltivata, alle pratiche d'estrazione e agli impianti di lavorazione (bacini di laveria, discariche di scarti, ecc.). Soprattutto nel caso dell'estrazione di minerali metalliferi le problematiche ambientali proseguono anche dopo la fine delle attività se vengono a mancare le normali pratiche di manutenzione e sicurezza delle gallerie e dei depositi di rifiuti estrattivi.
Gli insediamenti sopra citati sono, inoltre, indice di degradazione del suolo in quanto le attività antropiche a essi collegate comportano il consumo di risorse non rinnovabili, determinano perdite di coperture pedologiche, possono essere causa di degrado qualitativo sia del suolo sia delle falde acquifere, modificano la morfologia naturale con possibile ripercussione sulla stabilità dei versanti, creano le condizioni per l'instaurarsi di aree degradate, per l'abbandono delle strutture e dei macchinari di pertinenza dei siti e/o di discariche abusive di rifiuti. Va, infine, sottolineato come, in funzione del tipo di coltivazione mineraria e delle tecnologie di arricchimento, delle caratteristiche del minerale estratto e della roccia incassante, il processo di degrado delle strutture di pertinenza degli insediamenti estrattivi può provocare: crolli in sotterraneo, con conseguenti smottamenti e subsidenze in superficie; crolli in superficie delle dighe dei bacini di laveria e/o dei depositi di discarica degli sterili, con conseguenti frane, alluvioni, inquinamenti delle acque superficiali. In Italia tali problematiche sono attribuibili essenzialmente alle attività minerarie pregresse, svolte con scarsi criteri di protezione ambientale. Con le nuove tecnologie di estrazione e con una costante attività di monitoraggio e controllo è comunque possibile minimizzare gli impatti e rendere l’attività estrattiva ambientalmente ed economicamente sostenibile. In molti casi le attività cessate, che hanno caratterizzato per decenni la storia socioeconomica di diversi territori, sono state recuperate ad uso turistico-culturale.
Dall'altra parte fornisce indicazioni sulle potenziali fonti inquinanti connesse alla struttura e alla geometria dell'area coltivata, alle pratiche d'estrazione e agli impianti di lavorazione (bacini di laveria, discariche di scarti, ecc.). Soprattutto nel caso dell'estrazione di minerali metalliferi le problematiche ambientali proseguono anche dopo la fine delle attività se vengono a mancare le normali pratiche di manutenzione e sicurezza delle gallerie e dei depositi di rifiuti estrattivi.
Gli insediamenti sopra citati sono, inoltre, indice di degradazione del suolo in quanto le attività antropiche a essi collegate comportano il consumo di risorse non rinnovabili, determinano perdite di coperture pedologiche, possono essere causa di degrado qualitativo sia del suolo sia delle falde acquifere, modificano la morfologia naturale con possibile ripercussione sulla stabilità dei versanti, creano le condizioni per l'instaurarsi di aree degradate, per l'abbandono delle strutture e dei macchinari di pertinenza dei siti e/o di discariche abusive di rifiuti. Va, infine, sottolineato come, in funzione del tipo di coltivazione mineraria e delle tecnologie di arricchimento, delle caratteristiche del minerale estratto e della roccia incassante, il processo di degrado delle strutture di pertinenza degli insediamenti estrattivi può provocare: crolli in sotterraneo, con conseguenti smottamenti e subsidenze in superficie; crolli in superficie delle dighe dei bacini di laveria e/o dei depositi di discarica degli sterili, con conseguenti frane, alluvioni, inquinamenti delle acque superficiali. In Italia tali problematiche sono attribuibili essenzialmente alle attività minerarie pregresse, svolte con scarsi criteri di protezione ambientale. Con le nuove tecnologie di estrazione e con una costante attività di monitoraggio e controllo è comunque possibile minimizzare gli impatti e rendere l’attività estrattiva ambientalmente ed economicamente sostenibile. In molti casi le attività cessate, che hanno caratterizzato per decenni la storia socioeconomica di diversi territori, sono state recuperate ad uso turistico-culturale.
Scopo:
Quantificare le attività antropiche, passate e attuali, di estrazione di minerali di prima categoria di importanza strategica per l'industria nazionale ma anche a elevato impatto ambientale - paesaggistico.
Rilevanza:
È di portata nazionale oppure applicabile a temi ambientali a livello regionale ma di significato nazionale
È in grado di descrivere il trend senza necessariamente fornire una valutazione dello stesso
È semplice, facile da interpretare
È sensibile ai cambiamenti che avvengono nell’ambiente e/o delle attività antropiche
Fornisce un quadro rappresentativo delle condizioni ambientali, delle pressioni sull’ambiente o delle risposte della società, anche in relazione agli obiettivi di specifiche normative
Fornisce una base per confronti a livello internazionale
Misurabilità:
Adeguatamente documentati e di fonte nota
Aggiornati a intervalli regolari e con procedure affidabili
Facilmente disponibili o resi disponibili a fronte di un ragionevole rapporto costi/benefici
Un’ “adeguata” copertura spaziale
Un’ “idonea” copertura temporale
Solidità:
È basato su standard nazionali/internazionali e sul consenso nazionale/internazionale circa la sua validità
È ben fondato in termini tecnici e scientifici
Presenta attendibilità e affidabilità dei metodi di misura e raccolta dati
Comparabilità nel tempo
Comparabilità nello spazio
Principali riferimenti normativi e obiettivi:
I siti minerari sono soggetti, oltre che al RD n. 1443 del 29/07/1927 (Disciplina della ricerca e della coltivazione delle miniere) e al DPR 128/59 (Norme di polizia delle miniere e delle cave), alla Legge n. 257/1992 che vieta l'estrazione di amianto, alla Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 114 comma 20, che prevede un Piano straordinario per la bonifica e il recupero ambientale anche di aree ex estrattive minerarie, e alla Legge 179 del 31/07/2002 art. 22 che istituisce il censimento dei siti minerari abbandonati. Il censimento è stato effettuato da ISPRA.
Il D.Lgs. 117/2008 recepisce la Direttiva 2006/21/CE, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, che modifica la Direttiva 2004/35/CE (sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale). Tale decreto stabilisce (art. 1) le misure, le procedure e le azioni necessarie a prevenire o ridurre il più possibile eventuali effetti negativi per l'ambiente nonché eventuali rischi per la salute umana, conseguenti alla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive. L'obiettivo è raggiunto attraverso la redazione da parte del responsabile dell'attività estrattiva di un piano di gestione dei rifiuti da estrazione (art. 5) che deve essere approvato dall'Autorità competente (art. 7). Il decreto richiede inoltre (art. 20), la realizzazione dell'Inventario delle strutture di deposito dei rifiuti di estrazione chiuse, incluse quelle abbandonate, individuate come quelle "che hanno gravi ripercussioni negative sull'ambiente o che, a breve o medio termine, possono rappresentare una grave minaccia per la salute umana o l'ambiente" (strutture di deposito di tipo A, allegato II al DL 117/2008).
Con D.Lgs. del 31/3/1998 n. 112, sono state delegate alle regioni le funzioni concernenti i permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione dei minerali solidi e delle risorse geotermiche sulla terraferma (articolo 34, comma 1) e con successivo D.Lgs. 22 giugno 2012 n. 83 che modifica il D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 anche le proprietà delle miniere e delle relative pertinenze ubicate in terraferma, con esclusione dei giacimenti petroliferi e di gas e relative pertinenze nonché dei siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze.
Il D.Lgs. 117/2008 recepisce la Direttiva 2006/21/CE, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, che modifica la Direttiva 2004/35/CE (sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale). Tale decreto stabilisce (art. 1) le misure, le procedure e le azioni necessarie a prevenire o ridurre il più possibile eventuali effetti negativi per l'ambiente nonché eventuali rischi per la salute umana, conseguenti alla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive. L'obiettivo è raggiunto attraverso la redazione da parte del responsabile dell'attività estrattiva di un piano di gestione dei rifiuti da estrazione (art. 5) che deve essere approvato dall'Autorità competente (art. 7). Il decreto richiede inoltre (art. 20), la realizzazione dell'Inventario delle strutture di deposito dei rifiuti di estrazione chiuse, incluse quelle abbandonate, individuate come quelle "che hanno gravi ripercussioni negative sull'ambiente o che, a breve o medio termine, possono rappresentare una grave minaccia per la salute umana o l'ambiente" (strutture di deposito di tipo A, allegato II al DL 117/2008).
Con D.Lgs. del 31/3/1998 n. 112, sono state delegate alle regioni le funzioni concernenti i permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione dei minerali solidi e delle risorse geotermiche sulla terraferma (articolo 34, comma 1) e con successivo D.Lgs. 22 giugno 2012 n. 83 che modifica il D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 anche le proprietà delle miniere e delle relative pertinenze ubicate in terraferma, con esclusione dei giacimenti petroliferi e di gas e relative pertinenze nonché dei siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze.
DPSIR:
Pressione, Stato
Tipologia indicatore:
Descrittivo (tipo A)
Riferimenti bibliografici:
Carta R., Dacquino C., Di Leginio M., Fumanti F., Lettieri M.T., Lucarini M., Patanè A., Serra M., Vittori E. (2018). La banca dati Nazionale Geologico, Mineraria, Museale, Ambientale – GeMMA. Patrimonio Industriale, 17/18, 44-57.
CE (2020) - Resilienza delle materie prime critiche: tracciare un percorso verso una maggiore sicurezza e sostenibilità. COM(2020)474 final, Bruxelles 3.9.2020
ISPRA , Viaggio nell’Italia Mineraria (2020). Collana Pubblicazioni di pregio 2020.
ISTAT (2019). Le attività estrattive da cave e miniere. Anni 2015-16. Statistiche report 15 gennaio 2019.
ISTAT (2020). Le attività estrattive da cave e miniere. Anni 2017-18. Statistiche report 20 luglio 2020.
CE (2020) - Resilienza delle materie prime critiche: tracciare un percorso verso una maggiore sicurezza e sostenibilità. COM(2020)474 final, Bruxelles 3.9.2020
ISPRA , Viaggio nell’Italia Mineraria (2020). Collana Pubblicazioni di pregio 2020.
ISTAT (2019). Le attività estrattive da cave e miniere. Anni 2015-16. Statistiche report 15 gennaio 2019.
ISTAT (2020). Le attività estrattive da cave e miniere. Anni 2017-18. Statistiche report 20 luglio 2020.
Limitazioni:
Quando non derivante dai dati trasmessi dalle regioni, lo stato di attività di ogni sito è desunto da immagini satellitari con un conseguente, limitato, grado di incertezza.
Ulteriori azioni:
Migliorare la trasmissione dati da parte delle regioni.
Frequenza rilevazione dati:
Annuale
Accessibilità dei dati di base:
I dati di base derivano dal database GeMMA di ISPRA, comprendente i dati del “Censimento dei siti minerari abbandonati”, dell'Inventario delle strutture di deposito dei rifiuti minerari, della rete REMI, delle banche dati della cartografia geologica e delle regioni. Tali dati sono integrati con analisi ISPRA di immagini satellitari per il 2018. Per i dati di produzione si è fatto riferimento a quelli rilasciati a luglio 2020 dall’Istat, relativi al 2018 e provenienti dalla rilevazione “Pressione antropica e rischi naturali" (http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_CAVE_MIN; https://www.istat.it/it/archivio/246015).
Fonte dei dati di base:
ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)
ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica)
Province Autonome
Regioni
Descrizione della metodologia di elaborazione:
Selezione, attraverso opportune query, dei siti contenuti nel database ISPRA del censimento dei siti minerari in funzione dell'articolazione spaziale (regioni), temporale (periodo di coltivazione), mineralogica (minerali coltivati), tipologica (coltivazione in sotterraneo, a cielo aperto, mista) e/o di qualsiasi altro parametro contenuto nel database. Le suddette informazioni statistico-ambientali sono state integrate con le informazioni statistiche inviate dalle regioni, quando disponibili, e da Istat. Per la produzione si è fatto riferimento al dato 2018 di Istat. L’acquisizione dei microdati regionali ha determinato alcune modifiche rispetto ai dati 2018 gia pubblicati nella precedente edizione. Tutte le concessioni in vigore sono state georiferite tramite analisi di immagini satellitari.
Core set:
7EAP - Dati sull'ambiente
Altri Core set:
Non compilato
Periodicità di aggiornamento:
Annuale
Copertura spaziale:
Nazionale
Copertura temporale:
1870-2018
L'indicatore risponde pienamente agli obiettivi derivanti dalla normativa. È semplice e permette un’immediata comprensione delle potenzialità minerarie del territorio nazionale, delle possibili problematiche ambientali e dell’andamento delle attività. È basato su una serie storica accurata e importante che permette di delineare la storia industriale, economica e sociale di ampie porzioni del territorio nazionale. Risulta ben fondato in termini tecnico-scientifici e i metodi di raccolta dei dati sono affidabili sia per il censimento delle attività passate sia per quelle attuali. Le fonti storiche sono quelle ufficiali e dei vari ministeri competenti. I dati attuali sono forniti dalle regioni e da Istat e integrati con verifiche da remoto per i casi incerti. Buona la copertura nazionale delle informazioni statistiche. Tutte le concessioni vigenti e il 99% di quelle cessate e note sono state geolocalizzate da ISPRA. Alcuni siti antichi sono di difficile localizzazione. |
Stato:
Buono
Descrizione/valutazione dello stato:
Sul territorio nazionale sono vigenti 120 concessioni minerarie delle quali 75 risultano in produzione nel 2018 (Tabella 1). Il quadro conoscitivo è da ritenersi pressoché completo sia per le attività dismesse/abbandonate, sia per quelle in essere. Le miniere in attività sono molto meno impattanti rispetto alle vecchie miniere di minerali metalliferi e, generalmente adottano criteri di sostenibilità anche nella gestione degli scarti, come previsto dalla legislazione vigente. Restano però aperte le questioni relative ai vecchi siti minerari, cui le regioni stanno facendo fronte. L'importanza culturale dell'attività mineraria nell'ambito della storia socioeconomica di molte aree italiane è indicata dal continuo aumento di siti musealizzati.
Trend:
Positivo
Descrizione/valutazione del trend:
Il continuo calo del numero dei siti minerari, perdurante da decenni, mostra una lieve flessione nel 2018, con valori comparabili a quelli dell'anno precedente (Tabella 1). Lo stato di avanzamento delle procedure di messa in sicurezza delle strutture di deposito dei rifiuti estrattivi sarà valutabile alla luce del nuovo censimento, attualmente in corso. In aumento l’opera di recupero e valorizzazione dei siti dismessi, occasione di sviluppo economico e turistico dei territori locali spesso profondamente legati all'attività estrattiva.
Nell'arco alpino si registra un rinnovato interesse per le risorse minerarie metallifere, che attualmente possono essere estratte con metodiche sostenibili, con la concessione di diversi permessi di ricerca.
Nell'arco alpino si registra un rinnovato interesse per le risorse minerarie metallifere, che attualmente possono essere estratte con metodiche sostenibili, con la concessione di diversi permessi di ricerca.
Variabili:
Numero di siti minerari in attività
Numero di strutture di deposito di rifiuti minerari a rischio alto e medio-alto
Numero di siti minerari musealizzati
Numero di permessi di ricerca concessi
Numero di strutture di deposito di rifiuti minerari a rischio alto e medio-alto
Numero di siti minerari musealizzati
Numero di permessi di ricerca concessi
Allegati:
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Fino alla metà del secolo scorso il trend è stato in continua ascesa, tranne una piccola inversione di tendenza tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 (in corrispondenza all'adozione del RD 1927 che ha regolamentato l'attività mineraria in Italia), per poi decrescere (Figura 1). Secondo il censimento effettuato da ISPRA sono 3.016 i siti minerari operanti sul territorio nazionale a partire dal 1870. Allo stato attuale l'attività è, però, praticamente residuale. Nel 2018, a fronte di 120 concessioni minerarie ancora in vigore, 75 risultavano realmente in produzione (Tabella 1; Figure 1, 2 e 5) soprattutto in Sardegna, Piemonte e Toscana. Si consideri che in diverse miniere con la concessione ancora vigente, i concessionari hanno rinunciato alla coltivazione. Tali siti sono considerati tra quelli cessati. L'attività produttiva (Tabella 2; Figure 1, 3, 4 e 5) è legata sostanzialmente alla presenza di miniere di marna da cemento, diffuse lungo la dorsale appenninica e nelle Prealpi lombardo-venete, e di minerali ceramici e industriali (feldspati, caolino, refrattari, bentonite, terre da sbianca), particolarmente diffuse nelle aree granitiche sarde. Il salgemma è estratto dalle miniere del volterrano e dell'agrigentino, mentre il sale marino proviene delle saline della Sardegna meridionale. L'estrazione di minerali metallici è nulla ma a breve dovrebbe riprendere la produzione della miniera di Piombo-Zinco di Gorno (BG). E’ attualmente nulla, quindi, anche l’estrazione di Critical Raw Materials (Figura 6), elementi essenziali per l’industria italiana che è totalmente dipendente dai mercati esteri, alcuni dei quali sono stati sfruttati in passato (Figura 3). A seguito del rinnovato interesse per le risorse minerarie, sono attualmente vigenti diversi permessi di ricerca per la ripresa dello sfruttamento di vecchi siti minerari di minerali metalliferi, soprattutto nell’arco alpino piemontese e lombardo (Figura 7). Totalmente azzerata a partire dagli anni '80 del secolo scorso, anche la produzione di zolfo, che ha caratterizzato per secoli la Sicilia, e, negli anni '90 l'estrazione di amianto in ottemperanza alla Legge n. 257/1992. Secondo i dati ISTAT (Tabella 2), la produzione totale nel 2018 si attesta a circa 14 milioni di tonnellate, in leggero aumento rispetto all'anno precedente, e quasi equamente distribuita tra le ripartizioni geografiche. La rilevazione 2019-20 è ancora in fase di realizzazione. Al Centro e al Nord predomina l’estrazione di marna da cemento mentre al Sud quella dei minerali industriali, concentrata in Sardegna. Nel complesso lo sfruttamento di marna e minerali per uso industriale rappresenta più dell’80% della produzione nazionale. Dal punto di vista del rischio ecologico-sanitario, le miniere oggi in attività sono meno impattanti rispetto a quelle di minerali metallici, i cui scarti presentano elevate concentrazioni di sostanze inquinanti. Rimane però risolto solo in parte il problema del recupero di siti minerari abbandonati (con le relative discariche degli scarti e i bacini di laveria), non ancora oggetto di un intervento organico. In Tabella 3 e Figura 8 sono riportati i dati dell'Inventario delle strutture di deposito di rifiuti chiuse o abbandonate, previsto dalla normativa vigente (D. Lgs 117/08). In tale inventario sono registrati i siti con potenziali ripercussioni negative sull'ambiente, in funzione della tipologia dei minerali coltivati e dei relativi scarti potenziali, dell'estensione del sito minerario, del periodo di coltivazione e del tempo trascorso dalla chiusura o abbandono, suddivisi sulla base di criteri di "gerarchizzazione" in 5 classi di rischio ecologico-sanitario (B = rischio basso; MB = rischio medio-basso; M = rischio medio; MA = rischio medio-alto; A = rischio alto). I dati sono aggiornati dalle regioni ogni tre anni, ma la crisi pandemica ha rallentato notevolmente le attività regionali di verifica. L'aggiornamento, con i nuovi dati regionali, è stato rallentato dalla crisi pandemica e sarà pronto nei primi mesi del 2022.
La bonifica dei siti minerari, oltre all'eliminazione dei rischi ecologico-sanitari e statico-strutturali, può portare al recupero di una memoria storico - sociale, particolarmente importante in molte zone minerarie, cui si può affiancare anche un'attività economica turistico-museale. In quest’ottica sono stati musealizzati diversi siti minerari. Nell’ottobre 2015 è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra ISPRA, MISE, Regione Lombardia e i maggiori Parchi e Musei minerari italiani che ha sancito la creazione della “Rete Nazionale dei Parchi e Musei Minerari Italiani - (ReMi)” (Figure 9 e 10), finalizzata a mettere in collegamento permanente tutti i siti che già sul territorio operano per il recupero delle aree minerarie dismesse, attività molto importante ai fini della riqualificazione culturale e turistica di molti territori.
I membri della rete REMI sono via via aumentati nel corso degli anni (Figura 9), passando dai 19 sottoscrittori iniziali del protocollo agli attuali 49 che, poiché un singolo ente può gestire più siti, rappresentano un totale di 66 siti minerari aderenti alla rete. I componenti del Comitato della Rete nazionale hanno condiviso la prima proposta di Legge nazionale n.4566 sulla "Tutela e Valorizzazione dei siti minerari dismessi e del loro patrimonio storico, archeologico, paesaggistico, ambientale", una norma che vuole dare un riferimento univoco e un reale percorso di recupero dei più importanti e pregevoli siti minerari post industriali esistenti sul territorio nazionale e che è attualmente in discussione.