- Macro aree
- Idrosfera
Idrosfera
- Qualità dei corpi idrici
- Laguna di Venezia
- Stato fisico del mare
- Coste
- Inquinamento delle risorse idriche
- Risorse idriche e usi sostenibili
- ACQUE INTERNE SUPERFICIALI – ELEMENTI DI QUALITA’ BIOLOGICA NEI FIUMIL’indicatore deriva dall’applicazione della normativa di riferimento per la determinazione dello stato ecologico delle acque superficiali ai sensi della Direttiva 2000/60/CE. Per il 2019 nell’ambito del flusso dati Soe WISE2 sono stati trasmessi i dati relativi a 746 stazioni di monitoraggio per l’EQB Macrobenthos che nel 56% di esse raggiunge lo stato ecologico "buono o superiore". Nel restante 44% delle stazioni si registra uno stato di qualità inferiore al buono. Per l'EQB Diatomee sono stati trasmessi i dati di 654 stazioni di monitoraggio: nel 76% di esse si rileva uno stato ecologico "buono o superiore", il restante 24% presenta uno stato ecologico inferiore al buono. In riferimento al flusso dati SoE WISE2 del 2020, per l'EQB Macrobenthos sono stati trasmessi i dati relativi a 627 stazioni di monitoraggio e nel 55% di esse si raggiunge lo stato ecologico "buono o superiore". Nel restante 45% delle stazioni si registra uno stato di qualità inferiore al buono. Per l’EQB Diatomee sono stati trasmessi i dati di 495 stazioni di monitoraggio: il 76% di esse presenta uno stato ecologico "buono o superiore", nel restante 24% si registra uno stato ecologico inferiore al buono.ACQUE INTERNE SUPERFICIALI – ELEMENTI DI QUALITA’ BIOLOGICA NEI LAGHIL’indicatore deriva dall’applicazione della normativa di riferimento per la determinazione dello stato ecologico delle acque superficiali ai sensi della Direttiva 2000/60/CE. Dai dati trasmessi nell’ambito del flusso SoE WISE2 riferito al 2019, si rileva che l'EQB Fitoplancton è stato monitorato in 111 stazioni di monitoraggio e nel 54% di esse raggiunge lo stato ecologico "buono o superiore". Nel restante 46% delle stazioni si registra ha uno stato di qualità inferiore al buono. In riferimento al flusso dati SoE WISE2 del 2020, l'EQB Fitoplancton è stato monitorato in 127 stazioni di monitoraggio e nel 60% di esse raggiunge lo stato ecologico "buono o superiore". Il restante 40% delle stazioni presenta uno stato di qualità inferiore al buono.ACQUE MARINO COSTIERE - ELEMENTO DI QUALITA' BIOLOGICA CLOROFILLA AIl parametro “clorofilla” è l’unico indicatore diretto di biomassa fitoplanctonica a disposizione e ha assunto il ruolo di metrica per la classificazione dello stato ecologico secondo l’Elemento di Qualità Biologica - EQB Fitoplancton acque costiere (DM 260/2010). La clorofilla, infatti, risulta particolarmente sensibile alle variazioni dei livelli trofici determinati dagli apporti dei carichi di nutrienti (N e P), provenienti dai bacini afferenti alla fascia costiera. Nel 2020 lo stato elevato sia attesta al 71,4%, lo stato buono al 12,3% e lo stato sufficiente al 16,2%. Si può notare un generale miglioramento dello stato per Campania e Marche, mentre peggiorano Emilia-Romagna e Sardegna. Marche, Liguria e Abruzzo mantengono tutte le stazioni nello stato elevato.CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE DI BALNEAZIONEAnche durante la stagione la stagione balneare 2021 la salute dei bagnanti è stata tutelata grazie al continuo monitoraggio delle acque di balneazione. Su circa 6.400 chilometri di costa, marina e fluviale, sono state identificate 5.486 acque di balneazione e prelevati oltre 25.000 campioni di acqua. I risultati delle analisi oltre a garantire durante la stagione l'assenza di rischi igienico sanitari hanno anche permesso di classificare le acque. La classificazione è stata fatta utilizzando i risultati del monitoraggio effettuato durante la stagione balneare 2021 e quelli delle tre stagioni precedenti (2020-2019-2018). A livello nazionale la maggior parte delle acque è in classe eccellente (88%), tuttavia permangono ancora delle criticità dovute alle presenze di acque in classe scarsa (2% circa) e non classificabili (1% circa), per le quali non è possibile esprimere un giudizio di qualità. Anche a livello regionale la percentuale delle acque in classe eccellente è quella più elevata e in alcuni casi è pari al 100%. In quasi tutte le regioni diminuiscono le acque in classe sufficiente e scarsa ma la presenza di queste ultime ancora impedisce il raggiungimento pieno dell'obiettivo della direttiva.CLEAN COAST INDEX (CCI)Qualsiasi materiale solido, fabbricato o trasformato dall'uomo, abbandonato o perso in ambiente marino e costiero o che arrivi al mare in qualsiasi modo è definito un rifiuto marino. L’Italia, con il Decreto Legislativo n. 190/2010 di recepimento della Direttiva Quadro sulla Strategia per l'Ambiente Marino, effettua dal 2015 un intenso programma di monitoraggio dei rifiuti marini, inclusi quelli sulle spiagge. Due volte l’anno, in primavera e autunno, le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) costiere realizzano il monitoraggio dei rifiuti solidi presenti in aree campione di 69 spiagge di riferimento lungo il litorale nazionale. Per determinare il grado di pulizia delle spiagge in modo semplice e oggettivo sulla base della densità dei rifiuti presenti nelle aree campione monitorate è stato calcolato il Clean Coast Index (CCI), un indicatore sviluppato e applicato a livello internazionale. Nel 2021, il CCI è stato calcolato per tutte le 69 spiagge di riferimento sia in primavera sia in autunno. In primavera, il 78% delle spiagge monitorate sono risultate pulite o molto pulite contro il 9% di spiagge sporche o molto sporche. In autunno, il 75% delle spiagge sono risultate pulite o molto pulite, mentre il 10% sporche o molto sporche. Il resto delle spiagge è risultato abbastanza pulito. Rispetto all’anno precedente, la percentuale di spiagge pulite o molto pulite è leggermente diminuita in primavera (89% nel 2020), mentre in autunno si è mantenuta pressoché uguale (76% nel 2020).CONCENTRAZIONE OSTREOPSIS OVATAOstreopsis cf. ovata è una microalga bentonica potenzialmente tossica, ad oggi presente nella maggior parte delle regioni costiere italiane con fioriture che possono dare luogo a fenomeni di intossicazione umana e a effetti tossici su organismi marini bentonici (stati di sofferenza o mortalità). La continua espansione lungo le coste italiane di Ostreopsis cf. ovata, delle sue fioriture e delle problematiche sanitarie, ambientali ed economiche a essa associate, ha portato a istituire un programma di monitoraggio di sorveglianza della microalga a partire dal 2007. Tale attività viene eseguita annualmente nella stagione estiva dalle Agenzie Regionali per l’Ambiente (ARPA). I dati finora forniti dalle ARPA, raccolti ed elaborati da ISPRA hanno chiarito la distribuzione e l’andamento delle fioriture a livello nazionale e regionale. Ad oggi la microalga è stata riscontrata nelle acque di 12 regioni costiere su 15. Nel 2021, l'Ostreopsis cf. ovata è presente in 11 regioni costiere, ovvero in 138/205 stazioni (67%), mentre risulta assente in tutti i campioni prelevati lungo le coste dell'Emilia-Romagna, Molise e Veneto.MONITORAGGIO STRATEGIA MARINA - ALTERAZIONE DELLE CONDIZIONI IDROGRAFICHEIl monitoraggio previsto dalla Direttiva Quadro sulla Strategia Marina 2008/56/CE per il Descrittore 7 prende in considerazione le alterazioni permanenti delle condizioni idrografiche dovute alle infrastrutture costiere e marine soggette a VIA nazionale, realizzate o in corso di realizzazione o progettazione a partire dal 2012. L'indicatore di riferimento per il D7C1 è relativo all’estensione dei corpi idrici marino costieri di ciascuna Sottoregione marina, definiti ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, che presenta impatti dovuti a cambiamenti permanenti delle condizioni idrologiche dovuti a nuove infrastrutture realizzate a partire dal 2012 e soggette a VIA nazionale. L'obiettivo per tale indicatore è il non superamento del 5% dell'estensione dei corpi idrici marino costieri. Nel 2021 l'obiettivo è stato raggiunto.MONITORAGGIO STRATEGIA MARINA - CONCENTRAZIONE DI CONTAMINANTII progressi verso il conseguimento del buono stato ambientale delle acque marine dipendono principalmente dalla graduale eliminazione dell’inquinamento, ovvero dalla capacità di garantire che la presenza dei contaminanti non generi impatti significativi e non causi rischi per l’ambiente marino. I Descrittore 8 e Descrittore 9 della Direttiva Quadro sulla Strategia Marina 2008/56/CE (MSFD) richiedono specificatamente la valutazione della presenza dei contaminanti chimici e dei loro effetti. Nel 2021 è stato aggiornato il monitoraggio della Sottoregione Mar Mediterraneo Occidentale. I dati raccolti provengono dal monitoraggio ambientale eseguito da ISPRA e dai monitoraggi degli Istituti zooprofilattici sperimentali. Tali dati hanno permesso l’implementazione generale della copertura spaziale di questa sottoregione riducendo il gap informativo emerso dai dati pregressi.MONITORAGGIO STRATEGIA MARINA - MICRORIFIUTI NELLO STRATO SUPERFICIALE DELLA COLONNA D'ACQUAL’Italia, in applicazione della Direttiva Quadro per la Strategia Marina, effettua dal 2015 un intenso programma di monitoraggio dei rifiuti marini, compresi i microrifiuti nello strato superficiale della colonna d’acqua. Tale monitoraggio è svolto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, di cui ISPRA fa parte, con il coordinamento del Ministero della Transizione Ecologica (MiTE). Composizione, quantità e distribuzione dei microrifiuti sulla superficie della colonna d’acqua tali da non provocare danni all'ambiente costiero e marino sono infatti tra i requisiti per raggiungere il buono stato ambientale delle acque marine, ai fini dell’attuazione della Direttiva. I microrifiuti sono microparticelle con dimensioni inferiori ai 5 mm. È molto difficile assegnare l’origine dei microrifiuti una volta che entrano nell'ambiente. Le microparticelle in mare hanno una doppia provenienza: primaria e secondaria. La primaria include la produzione di microparticelle quali pellets e microgranuli usati nella cosmetica o prodotti abrasivi di pulizia prodotti dalle industrie. La secondaria proviene dalla frammentazione e degradazione in piccole particelle da macrorifiuti. Non esiste ancora un valore soglia per definire il buono stato ambientale per quanto riguarda i microrifiuti, Con l’elaborazione effettuata dei dati dal 2015 al 2020 era stato possibile definire un valore mediano di densità delle microparticelle presenti nei nostri mari. pari a 0,04 microparticelle per m2 ossia 40.000 microparticelle per km2. Tale valore si conferma aggiungendo alla serie di dati anche quelli del 2021.MONITORAGGIO STRATEGIA MARINA - PERDITA FISICALa perdita fisica definisce la superficie di fondo marino persa a causa delle modifiche permanenti del substrato e/o della morfologia del fondo marino indotte da attività e/o opere antropiche, quali ad esempio opere di difesa costiera, infrastrutture portuali, cavi e condotte ecc. Essa concorre a definire il livello di integrità del fondo marino, come definito ai sensi della Direttiva Quadro sulla Strategia per l’Ambiente Marino (2008/56/CE) e della Decisione (UE) 2017/848; la Direttiva si basa su un approccio integrato e pone come obiettivo agli Stati membri di raggiungere il buono stato ambientale (GES) per le proprie acque marine. La perdita fisica viene calcolata per le tre Marine Reporting Unit (MRU) di competenza dello Stato italiano: “Mar Adriatico”, “Mar Ionio e Mediterraneo centrale” e “Mar Mediterraneo occidentale”. Per il primo popolamento dell'indicatore “perdita fisica” vengono utilizzati i dati aggiornati al 2021, ovvero, per ogni tipo di opera, i dati disponibili più recenti; tali dati costituiranno la baseline di riferimento per i popolamenti futuri. L’indicatore perdita fisica permette di valutare da un lato l’entità totale del fenomeno studiato e l’incidenza delle diverse tipologie di opere e/o attività sulla perdita fisica totale; dall’altro incidenza e distribuzione della perdita fisica in rapporto ai diversi tipi di habitat (Broad Habitat Types e Other Habitat Types sensu MSFD) presenti nei mari italiani.MONITORAGGIO STRATEGIA MARINA – RIFIUTI MARINI SPIAGGIATILa Strategia Marina (Direttiva 2008/56/CE) rappresenta un importante strumento di governance del sistema mare, promuovendo l’adozione di strategie mirate alla salvaguardia dell’ecosistema marino per il raggiungimento del Buono Stato Ambientale. Il Buono Stato Ambientale è valutato sulla base di 11 temi o descrittori qualitativi e fra questi il descrittore 10 prevede che le proprietà e le quantità di rifiuti marini non provochino danni all’ambiente costiero e marino. L’Italia realizza dal 2015 un esteso programma di monitoraggio dei rifiuti marini, compresi quelli spiaggiati. Nel 2021, la mediana dei rifiuti marini totali spiaggiati sui litorali italiani è risultata di 273 rifiuti ogni 100 m, in calo rispetto agli anni precedenti (si contavano mediamente 462 oggetti ogni 100 m nel 2018, 413 nel 2019 e 311 nel 2020). Si tratta comunque di densità ancora nettamente superiori al valore soglia di 20 rifiuti ogni 100 m stabilito a livello europeo come requisito per il raggiungimento del Buono Stato Ambientale. Come negli anni precedenti, le plastiche monouso sono il rifiuto più frequente, rappresentando il 31% del totale. Le informazioni derivanti dal monitoraggio sono essenziali per migliorare la gestione dei rifiuti, valutare l’efficacia del Programma di Misure, e indirizzare politiche specifiche.SOSTANZE CHIMICHE NELLE ACQUE SOTTERRANEEIl monitoraggio chimico dei corpi idrici sotterranei nel periodo 2018-2020 ha evidenziato che le sostanze di origine antropica maggiormente critiche a scala nazionale per lo stato chimico sono il nitrato e il triclorometano. Mentre tra le diverse sostanze di possibile origine naturale presenti nei corpi idrici sotterranei, significativa è la conducibilità elettrica correlata alla presenza dei cloruri che rappresenta un ottimo indicatore di salinizzazione delle acque sotterranee, sia di origine marina per gli acquiferi costieri sia di acque profonde fossili. Nel periodo 2014-2020 la concentrazione dei nitrati è stazionaria nel 78,8% delle stazioni monitorate, in diminuzione nell’11,8% e in aumento nel restante 9,4%. In Abruzzo e in Emilia-Romagna si registrano le percentuali più alte delle stazioni con tendenza in diminuzione (22,8%), mentre nel Lazio la percentuale più alta di stazioni con tendenza in aumento (20,6%). Il triclorometano presenta concentrazioni stazionarie nel 72,6% delle stazioni, una tendenza in diminuzione nel 24,9% e solo nel restante 2,5% una tendenza in aumento. Nelle Marche e in Piemonte si evidenziano alte percentuali con tendenza in diminuzione, rispettivamente 81,4% e 70,7%. La conducibilità elettrica presenta tendenze stazionarie nel 78,6%, in diminuzione nel 4,6% e in aumento nel restante 16,8% In Emilia-Romagna si registra il valore più alto di tendenze in diminuzione (14,5%), mentre nel Lazio si ha la percentuale più alta di tendenze in aumento (25%).STATO CHIMICO DELLE ACQUE DI TRANSIZIONELa normativa (D.Lgs. 152/2006) impone il raggiungimento del buono stato dei corpi idrici (chimico + ecologico) entro le date fissate dalla normativa vigente. L’analisi dello stato chimico mostra valori eterogenei tra i distretti, con il 100% dei corpi idrici in stato buono solo per l’Appennino Centrale e il 52% per la Sardegna. In tutti gli altri Distretti la percentuale di corpi idrici in stato buono non supera mai il 50% dei casi e va dal 3% delle Alpi Orientali al 40% dell’Appenino Settentrionale. Dal confronto tra lo stato del 2° ciclo (2010-2015) dei Piani di Gestione delle Acque (PdG) e quello del 3° ciclo (2016-2021), si osserva il mantenimento dello stato chimico buono per il 100% dei corpi idrici dell’Appennino Centrale, un miglioramento per quelli dell’Appennino Settentrionale (da 30% a 40%), della Sardegna (da 12% a 52%), della Sicilia (da 11% a 17%) e un peggioramento per i corpi idrici dei Distretti delle Alpi Orientali (da 51% a 3%), Fiume Po (da 65% a 23%) e Appennino Meridionale (da 18% a 11%). A livello nazionale, il numero di corpi idrici in stato buono è 56 su 172 (33%) nel 2° ciclo dei PdG, mentre nel 3° è pari a 42 su 146 (29%).STATO CHIMICO DELLE ACQUE MARINO COSTIERELe acque marino costiere sono “le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione” (Comma 1 dell’articolo 74 del D.Lgs. 152/2006). La normativa (D.Lgs. 152/2006) impone il raggiungimento del “buono" stato dei corpi idrici (chimico + ecologico) entro le date fissate dalla normativa vigente, al mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali conseguono le misure di risanamento. In base all’analisi dei dati riportati dai Distretti nel 3° Reporting alla Commissione europea relativo al sessennio 2016-2021 (3° PdG), lo stato chimico delle acque marino costiere italiane risulta eterogeneo. Tale disomogeneità si esprime sia a livello di numero di corpi idrici identificati per distretto sia per classificazione. I Distretti delle Alpi Orientali e del Fiume Po presentano la totalità dei corpi idrici in stato chimico non buono, mentre Sicilia e il Distretto dell’Appennino Meridionale oltre il 60% dei corpi idrici. I Distretti dell’Appennino Settentrionale, Appennino Centrale e della Sardegna registrano, invece, rispettivamente più del 50%, più del 90% e più dell’80% in stato chimico buono. A livello nazionale il 51% dei corpi idrici marino costieri è nello stato chimico buono. Dal confronto tra il 2° PdG (2010-2015) e 3° PdG emerge che nel 2° PdG i corpi idrici con stato chimico sconosciuto erano il 26% (147 corpi idrici su 561 totali), mentre nel 3° PdG un solo corpo idrico è in stato sconosciuto. In termini generali, i corpi idrici nello stato chimico buono sono comparabili nei due PdG, rispettivamente il 52% e il 51%, mentre sono aumentati i corpi idrici nello stato chimico non buono nel 3° PdG (49%).STATO CHIMICO DELLE ACQUE SOTTERRANEE (SCAS)L'indicatore di Stato Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS) fornisce una valutazione della qualità chimica dei corpi idrici sotterranei italiani in base al confronto delle concentrazioni di alcuni inquinanti rispetto agli Standard di Qualità Ambientale e ai Valori Soglia delle tabelle 2 e 3 del DM 6/7/2016. A seconda se vengono rispettati o meno i limiti di concentrazione tabellari, lo stato chimico di un corpo idrico può risultare in stato buono o scarso e concorre, insieme allo stato quantitativo, a definire lo stato complessivo delle acque sotterranee. L’indicatore è stato popolato a partire dai dati di classificazione dei corpi idrici del Reporting WISE del 3° Piano di Gestione (PdG). A livello nazionale, nel sessennio di classificazione 2016-2021 inerente al 3° PdG, si evidenzia un aumento dei corpi idrici sotterranei classificati in stato chimico buono, che raggiungono il 70% del totale (rispetto al 58% del 2° PdG), con una percentuale di corpi idrici in stato scarso del 27%. A livello di distretto, le percentuali di corpi idrici che raggiungono lo stato chimico buono variano dal 56%, registrato nel Distretto Sicilia, all'85% nel Distretto Alpi Orientali. In tutti i distretti idrografici i corpi idrici in stato sconosciuto sono in netta riduzione rispetto al ciclo precedente, con la totalità di corpi idrici classificati nei Distretti Alpi Orientali, Appennino Meridionale e Sicilia.STATO CHIMICO DELLE ACQUE SUPERFICIALI INTERNEL’indicatore fornisce una valutazione della qualità chimica dei corpi idrici superficiali italiani. Lo stato chimico è valutato in base alle concentrazioni, nelle matrici acqua e biota, delle sostanze chimiche appartenenti all’Elenco di Priorità di tab 1/A (D.Lgs. 152/2006 ss.mm.ii), distinte in prioritarie, pericolose prioritarie e altre sostanze. Per ogni sostanza dell'Elenco di Priorità la norma italiana, in attuazione delle Direttive europee, fissa gli Standard di Qualità Ambientale (SQA) che devono essere rispettati per poter assegnare lo stato chimico buono a un corpo idrico. Lo stato chimico concorre, assieme allo stato ecologico, alla valutazione dello “stato ambientale” complessivo di ogni corpo idrico. L’indicatore è stato popolato a partire dai dati di classificazione dei corpi idrici del Reporting WISE del 3° Piano di Gestione (PdG). Sia a livello nazionale sia di distretto, per quanto riguarda i fiumi e laghi, si registra un aumento, rispetto al ciclo precedente, dei corpi idrici classificati in stato chimico buono e una riduzione dei corpi idrici non classificati.STATO ECOLOGICO DELLE ACQUE DI TRANSIZIONELe acque di transizione sono definite nel D.Lgs. 152/2006 come “corpi idrici superficiali in prossimità di una foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce”. Tale definizione ricomprende le lagune costiere e gli stagni costieri oggetto della classificazione ecologica. Gli ambienti di transizione italiani sono sottoposti a numerosi fattori di pressione che determinano spesso un degrado delle condizioni ecologiche in questi ecosistemi particolarmente fragili. L’analisi dello stato ecologico mostra valori eterogenei, sia nel numero di Copri Idrici (CI) sia nella distribuzione tra le classi di qualità, ma con prevalenza dello stato sufficiente e scarso in tutti i Distretti. Dal confronto tra lo stato del 2° ciclo (2010-2015) dei Piani di Gestione delle Acque (PdG) e quello del 3° ciclo (2016-2021), si osserva che per tutti i Distretti idrografici permane uno stato ecologico prevalentemente sufficiente e scarso, ma con l’incremento delle percentuali di corpi idrici in stato buono nei Distretti delle Alpi Orientali (dal 7% all’11%), dell’Appennino Settentrionale (dal 10% al 20%), dell’Appennino Meridionale (da 0 al 6%) e della Sardegna (da 0 al 26%). L’analisi dello stato ecologico a livello nazionale mostra che il numero di corpi idrici in stato buono ed elevato è pari a 9 su 172 (5%) nel 2° ciclo di PdG e 22 su 146 (15%) nel 3° ciclo.STATO ECOLOGICO DELLE ACQUE MARINO COSTIERELe acque marino costiere sono “le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione". La normativa (D.Lgs. 152/2006) impone il raggiungimento del “buono" stato dei corpi idrici (ecologico + chimico) entro le date fissate dalla normativa vigente; al mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali conseguono le misure di risanamento. In base all’analisi dei dati riportati dai Distretti nel 3° Reporting alla Commissione europea relativo al sessennio 2016-2021 (3° PdG), lo stato ecologico delle acque marino costiere italiane risulta eterogeneo. Tale disomogeneità si esprime sia a livello di numero di corpi idrici identificati per distretto sia per classificazione ecologica. I Distretti delle Alpi Orientali, Appennino Settentrionale, Appennino Centrale, Sicilia e della Sardegna presentano, tuttavia, una percentuale di corpi idrici in stato ecologico buono ed elevato maggiore o uguale al 70%. In particolare, nel Distretto della Sardegna i corpi idrici in stato elevato sono più del 40%. A livello nazionale i corpi idrici in stato ecologico buono ed elevato sono più del 60% sul totale (291 corpi idrici su 394 totali). Dal confronto tra i dati del 2° PdG (2010-2015) e 3° PdG emerge che nel 2° PdG i corpi idrici con stato ecologico sconosciuto erano il 27% (149 corpi idrici su 561 totali), mentre nel 3° PdG solo un corpo idrico è in stato ecologico sconosciuto. In termini generali, si passa dal 55% dei corpi idrici nello stato ecologico buono ed elevato del 2° PdG al 66% del 3° PdG.STATO ECOLOGICO DELLE ACQUE SUPERFICIALI INTERNELo stato ecologico delle acque superficiali è espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici. La Direttiva 2000/60/CE (recepita in Italia con il D.Lgs. 152/2006) impone il raggiungimento del “buono” stato di qualità dei corpi idrici che è dato dalla valutazione dello stato ecologico e dello stato chimico. L'indicatore fornisce una valutazione dello stato ecologico dei corpi idrici superficiali - acque interne - basato sui dati di classificazione dei corpi idrici del Reporting WISE 2022 relativi al 3° Piano di Gestione Acque. A livello nazionale, dal confronto dei dati sullo stato di qualità ecologico tra il 2° e il 3° Piano di Gestione emerge una riduzione dei corpi idrici in stato sconosciuto, dal 18% al 10%, anche se ancora presenti. In generale lo stato ecologico non differisce molto dal precedente ciclo di gestione se non per la percentuale di laghi in stato buono, che è aumentata dal 17% al 35%.STATO QUANTITATIVO DELLE ACQUE SOTTERRANEE (SQUAS)Lo stato quantitativo delle acque sotterranee descrive lo stato di equilibrio di un corpo idrico in termini di bilancio tra estrazione e ravvenamento naturale della risorsa idrica. Un corpo idrico sotterraneo è definito in stato quantitativo buono se il livello delle acque sotterranee è tale che la media annua dei prelievi per attività antropiche a lungo termine non esaurisca le risorse idriche sotterranee disponibili, non vi siano danni alle acque superficiali e agli ecosistemi connessi e non si verifichi intrusione salina o contaminazione di altro genere. L’indicatore è stato popolato a partire dai dati di classificazione dei corpi idrici del Reporting WISE del 3° Piano di Gestione (PdG). A livello nazionale, nel sessennio di classificazione 2016-2021 inerente al 3° PdG, si evidenzia un aumento dei corpi idrici sotterranei classificati in stato quantitativo buono, che raggiungono il 79% del totale (rispetto al 61% del 2° PdG), con una percentuale di corpi idrici in stato scarso del 19% e un residuo di corpi idrici non classificati pari al 2%. A livello di distretto i corpi idrici che raggiungono lo stato quantitativo buono variano dal 98% nel Distretto Alpi Orientali al 58% nel Distretto Appennino Meridionale.
- ALTEZZA DELLA MAREA ASTRONOMICA IN LAGUNA DI VENEZIAUn monitoraggio continuo delle variazioni nel tempo dell'ampiezza della marea astronomica consente di verificare cambiamenti idrodinamici e quindi morfologici interni alla Laguna di Venezia, che deve la sua sopravvivenza al mantenimento di delicatissimi equilibri ambientali. L'ampiezza della marea in laguna viene confrontata con il Golfo di Venezia, appartenente alla stessa area da un punto di vista geologico, ma esente dall'intervento antropico, caratteristico dell'ambiente di transizione considerato. L'andamento dell'altezza di marea risulta sostanzialmente stabile in quasi tutta la laguna, dopo le forti variazioni osservate in conseguenza di profonde modifiche introdotte alla morfologia lagunare nel corso del primo decennio del secolo.CLIMATOLOGIA LAGUNARELe variabili meteorologiche osservate nella Laguna di Venezia (le pressioni atmosferiche medie annuali, le precipitazioni totali annuali, il numero di giorni piovosi e le anomalie termiche) consentono di fotografare i mutamenti climatici in atto. Nel corso del 2021, in presenza di una pressione media annua in linea con la media del periodo (-0,1 mbar), sono stati registrati 649 mm di pioggia (-22% rispetto alla media) nell’arco di 67 giorni piovosi, mentre le temperature continuano a mostrarsi in tendenziale e continuo aumento.CRESCITA DEL LIVELLO MEDIO DEL MARE A VENEZIA (ICLMM)L'indicatore misura l'innalzamento del livello medio del mare a Venezia, risultando di fondamentale importanza per gli studi e gli interventi di conservazione della città di Venezia, nonché delle lagune e delle zone costiere alto adriatiche a rischio di inondazioni. A Venezia, il livello medio del mare si presenta in tendenziale aumento sin dall'inizio delle registrazioni: nel periodo 1872-2021 il livello aumenta in media di 2,5 mm/anno, con un andamento non sempre costante e uniforme nel tempo. A tal proposito, si ritiene opportuno porre in evidenza il tasso relativo all’ultimo periodo, dove dal 1993 al 2021 l’innalzamento del livello medio mare risulta quasi raddoppiato (4,9 mm/anno).NUMERO DEI CASI DI ALTE MAREEL'indicatore riporta il numero dei casi annui dei massimi di marea, per classi di altezza, rilevati presso la stazione di Venezia - Punta della Salute, rappresentativa del centro storico cittadino. Monitorare l'andamento delle classi di marea alte e medio-alte (superiori agli 80 cm) consente di controllare la pressione prodotta sia sul centro storico (effetti sulla tenuta delle rive e degli edifici), sia sulla laguna veneta da un punto di vista ambientale (effetti sulla vegetazione degli ambienti barenali e sulla maggiore erosione delle rive naturali). Il 2019 è stato un anno eccezionale per il verificarsi di ben 28 casi di “acqua alta”, cioè superamenti di soglia 110 cm, valore record dell’intera serie storica. A partire dal 2020, l’attivazione delle paratoie del Mo.S.E. ha portato a una differenziazione del numero di casi di acqua alta tra laguna e mare, condizione che ha imposto una modifica nel metodo di calcolo dell’indicatore rispetto a come veniva aggiornato in passato, pertanto si propone l’aggiornamento di sole due classi di altezza (≥ +80 cm e ≥ +110 cm). Il 2020 ha fatto registrare 16 casi di “acqua alta” in mare, ben superiori ai 10 casi registrati nel 2021, anno in cui il sistema Mo.S.E. ha preservato la città di Venezia dal superamento di quota +110 cm sullo ZMPS.RITARDO DI PROPAGAZIONE DELLA MAREA NELLA LAGUNA DI VENEZIAUn monitoraggio continuo delle variazioni nel tempo del ritardo di propagazione della marea astronomica consente di verificare i cambiamenti idrodinamici e quindi morfologici interni alla Laguna di Venezia, che deve la sua sopravvivenza al mantenimento di delicatissimi equilibri ambientali. I ritardi di propagazione della marea all'interno della laguna sono calcolati rispetto al Golfo di Venezia, appartenente alla stessa area da un punto di vista geologico, ma esente dall'intervento antropico, trovandosi in mare. I ritardi di propagazione di marea sono maggiori quanto maggiore è la distanza del punto di osservazione dalla bocca di porto a cui è sotteso. L'onda di marea impiega circa 35/40 minuti per entrare in laguna attraversando la strettoia delle tre bocche di porto, mentre occorrono circa tre ore al colmo di marea per raggiungere le aree più interne e remote.
- ALTEZZA DELLA MAREA ASTRONOMICA LUNGO LE COSTE ITALIANELa marea è un fenomeno periodico di innalzamento e abbassamento della superficie del mare dovuto all’attrazione gravitazione esercitata dalla Luna, dal Sole e dagli altri corpi celesti sulle masse di acqua presenti sulla Terra e secondariamente dovuto anche alle perturbazioni meteorologiche. I dati della Rete Mareografica Nazionale (ISPRA) sono stati utilizzati per caratterizzare l’ampiezza della componente astronomica del segnale di marea lungo le coste Italiane. La marea astronomica come ben noto, presenta profonde differenze nei diversi mari italiani, raggiungendo la sua massima escursione nel Nord Adriatico e nella Laguna di Venezia, essendo fortemente influenzata anche dalla configurazione del bacino.MAREGGIATEIndicatore di stato che individua e caratterizza gli eventi di mareggiata nei mari italiani. Nel 2021 il maggior numero di mareggiate, per quanto riguarda i punti monitorati dalla Rete Ondametrica Nazionale, è stato registrato nelle località di Alghero, La Spezia, Palermo, Mazara del Vallo e Ponza.ONDOSITAIndicatore di stato dei mari italiani che rappresenta, in modalità qualitativa ordinale, il moto ondoso misurato in termini di altezza significativa d'onda. Nei mari italiani si registra una prevalenza di stato di mare mosso e calmo. Nel 2021, come negli anni precedenti, la frequenza di mare agitato più elevata si registra lungo le coste della Sardegna occidentale e della Sicilia occidentale.TEMPERATURA ACQUE MARINEIndicatore di stato dei mari italiani, descrive la media della temperatura superficiale delle acque marine. Nel 2021 si denota una sostanziale stabilità generale, con un aumento delle temperature medie più marcato nel Mediterraneo Occidentale e una diminuzione nello Ionio rispetto al periodo 2008-2020.UPWELLINGL'upwelling è un fenomeno fisico dovuto all'azione di vento e correnti che possono generare una corrente di risalita, orientata verso il largo e ortogonale alla costa. Questo fenomeno ha un notevole impatto sulla fauna ittica locale e per questo di grande interesse. L'individuazione delle aree più favorevoli al generarsi di questo fenomeno è stata realizzata utilizzando i dati di velocità e direzione del vento forniti dalla Rete Mareografica Nazionale (RMN) gestita da ISPRA. Questi dati opportunamente elaborati consentono di individuare le zone costiere che con più probabilità sono maggiormente esposte al fenomeno dell’upwelling come ad esempio la zona di Carloforte in Sardegna che si conferma essere tra le più favorevoli alla generazione di tale variabile.
- COSTA ARTIFICIALIZZATA CON OPERE MARITTIME E DI DIFESAL’indicatore fornisce una misura degli interventi di ingegneria costiera che alterano direttamente la geomorfologia, la dinamica litoranea e spesso il carattere naturale di lunghi tratti di costa. I dati di riferimento per il calcolo dell'indicatore riguardano tre principali aggregazioni entro cui si possono raggruppare le varie tipologie di opere: le infrastrutture portuali, le opere di difesa costiera realizzate a ridosso della riva e l’insieme delle altre strutture caratterizzate diversamente, che però conservano la peculiarità di essere addossate alla linea di costa. Le elaborazioni hanno condotto alla realizzazione di grafici utili a valutare la situazione al 2020 dell’artificializzazione costiera nazionale e la variazione avvenuta con riferimento agli anni 2000, 2006 e 2020. In termini generali, si registra una crescita di artificializzazione che va da 696 km nel 2000, a 714 km nel 2006, a 770 km nel 2020 (su circa 8.300 km di costa nazionale), dovuta principalmente alla crescita di opere portuali e opere di difesa costiera radenti alla costa.DINAMICA LITORANEAL’indicatore fornisce la stima su base nazionale e regionale dello stato conservazione delle coste italiane nel 2020 e dei cambiamenti per erosione o per avanzamento subiti dal 2006, utile per la valutazione della vulnerabilità delle aree costiere e del rischio a cui sono esposti centri urbani, infrastrutture e attività socio-economiche che si sviluppano in prossimità della costa. Nel 2020 si riscontra una significativa instabilità su 1.913 km di litorali, di cui 943 km per erosione e 970 km per avanzamento, tuttavia, rispetto ai precedenti rilievi (1950-2000, 2000-2006), si registra a livello nazionale una lieve tendenza a una maggiore stabilità e a un aumento dei tratti di costa in avanzamento.OPERE DI DIFESA COSTIERAPer contenere l’erosione e i danni prodotti dalle mareggiate lungo le coste italiane, vengono spesso realizzati interventi di difesa finalizzati alla protezione di beni e infrastrutture e al ripristino delle spiagge. L’indicatore “opere di difesa costiera” fornisce il numero, su base nazionale e regionale, delle diverse tipologie di opere “rigide” di difesa costiera (isolotti, opere miste, pennelli, radenti e scogliere) e la loro variazione nel tempo. Dal 2000 al 2020, se da un lato si è potuto riscontrare un aumento del numero di opere rigide di difesa (da circa 6.600 a 10.500) indicativo della fragilità degli ambienti costieri sottoposti a una crescente pressione antropica; dall’altro, l’adozione in aumento di soluzioni di difesa sommerse o parzialmente emerse (dal 10% nel 2006 al 16% nel 2020) mostra la tendenza verso la ricerca di un compromesso tra l’efficienza idraulica di un intervento di protezione e un minore impatto sull’ambiente.SABBIE RELITTE DRAGATE AI FINI DI RIPASCIMENTOIn Italia le coste, che si sviluppano per oltre 8.000 km, rappresentano un’importante risorsa strategica: sono fra le aree più densamente popolate e sede di un’intensa attività economica. Lo sfruttamento crescente cui tali aree sono sottoposte, associato a eventi naturali (es. cambiamenti climatici globali), ha determinato un aumento dei fenomeni erosivi. Per contrastare tali processi e per proteggere abitazioni e infrastrutture, negli anni sono state realizzate, in diverse regioni costiere, numerose opere rigide di difesa (scogliere emerse, sommerse, radenti, opere miste, moli, pennelli), non sempre con risultati soddisfacenti. Una tecnica alternativa che potrebbe garantire una buona risposta all’erosione costiera, sotto il profilo ambientale ed economico, è il ripascimento. Il ripascimento consiste nel ricostruire la spiaggia erosa immettendo sedimenti idonei (dal punto di vista granulometrico e composizionale). Una possibile risposta alla necessità di approvvigionamento di materiale da destinare al ripascimento è stata identificata nell’utilizzo di sabbie marine relitte (riferibili a paleospiagge) provenienti da depositi sabbiosi presenti al largo sulla piattaforma continentale. I primi dragaggi di sabbie relitte ai fini di ripascimento sono iniziati nel 1995 nel Mar Adriatico settentrionale (Veneto). In seguito, altri dragaggi hanno interessato sia altre cave situate nel Mar Adriatico (al largo di Emilia-Romagna e Marche) e sia cave situate nel Mar Tirreno (a largo della Sardegna e Lazio).
- DEPURATORI: CONFORMITÀ DEI SISTEMI DI DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE URBANEIl controllo della conformità fa il punto sullo stato di adeguamento tecnologico dei sistemi di depurazione delle acque reflue urbane relativi ad agglomerati maggiori o uguali a 2000 a.e., utile soprattutto ai fini della pianificazione di eventuali azioni rivolte alla tutela delle acque. Nel 2020, dei 3.025 agglomerati considerati il 78% è risultato conforme, il 13% non conforme, il 6% parzialmente conforme e il 3% con dati non disponibili. Il grado di conformità pari al 100% si registra in Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria e nella provincia autonoma di Trento.DEPURATORI: CONFORMITA' DEL SISTEMA DI FOGNATURA DELLE ACQUE REFLUE URBANELa presenza o meno di rete fognaria e la percentuale di acque reflue convogliate nei sistemi di collettamento indicano il grado di conformità ai requisiti previsti dalla normativa di riferimento. Nel 2020, il grado di conformità nazionale è pari al 99,3%. Il 95,6% del carico organico è convogliato in fognatura, il 3,7% in sistemi individuali mentre lo 0,7% non risulta convogliato.NITRATI NELLE ACQUE SOTTERRANEEL'indicatore fornisce la percentuale di stazioni di monitoraggio delle acque sotterranee suddivise in classi di qualità in funzione della concentrazione media dei nitrati rilevata nell'arco di un quadriennio di monitoraggio (2016-2019); in particolare il 68,1% delle stazioni presenta una concentrazione media di nitrati inferiore a 25 mg/l; solo il 12,6% dei punti monitorati ha registrato una concentrazione media superiore o pari ai 50 mg/l. Inoltre, da un’analisi del trend dell'ultimo quadriennio (2016-2019) rispetto al quadriennio precedente (2012-2015) si evince un andamento prevalentemente stabile della concentrazione dei nitrati, una diminuzione della concentrazione media nel 37,9% delle stazioni comuni tra i due quadrienni, a fronte di un aumento registrato solo nel 22,7% delle medesime stazioni.PERCENTUALE DI ACQUE REFLUE DEPURATELa percentuale di acque reflue depurate esprime la quantità di carico organico biodegradabile che raggiunge gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane rispetto al carico organico totale prodotto dagli agglomerati (maggiori o uguali a 2.000 a.e.) presenti sul territorio nazionale. Nel 2020, detta percentuale è pari al 93,3%, inferiore a quella del 2018 (95,4%).
- EVAPOTRASPIRAZIONE POTENZIALEL'indicatore fornisce, per ciascun mese dell'anno, la valutazione, mediante il metodo di Thornthwaite, dell'altezza d'acqua di evapotraspirazione potenziale cumulata mensile (espressa in mm) ragguagliata alla superficie del territorio nazionale. L'indicatore è confrontato con il valore medio del periodo 1951-2020 stimato con lo stesso metodo.EVAPOTRASPIRAZIONE REALEL'indicatore fornisce, per ciascun mese e per l’intero anno, la valutazione dell'altezza d'acqua cumulata mensile e annua (espressa in mm) ragguagliata alla superficie del territorio nazionale che effettivamente si trasferisce in atmosfera per i fenomeni di evaporazione dagli specchi liquidi e dal terreno e di traspirazione della vegetazione e, pertanto, non contribuisce alla formazione della risorsa idrica rinnovabile. Nel 2020 il valore stimato dell’evapotraspirazione reale totale annua è stato pari a 541,8 mm, superiore del 12% al valore medio del periodo 1951-2020 stimato in 482,6 mm.INDICE DI RUNOFFL'indicatore fornisce la valutazione (espressa in %) del rapporto tra il volume annuo del runoff (ruscellamento superficiale) e il volume annuo di precipitazione. L'indicatore è confrontato con il corrispondente valore medio del periodo 1951-2020. Nel 2020 il valore dell’indicatore, pari al 22,5%, è stato inferiore al valore medio del periodo 1951-2020, pari al 26,8%.INFILTRAZIONEL'indicatore fornisce, per ciascun mese e per l’intero anno, la valutazione dell'altezza d'acqua cumulata mensile e annua (espressa in mm) ragguagliata alla superficie del territorio nazionale che si infiltra in profondità nel terreno a seguito delle precipitazioni. Nel 2020 il valore del totale annuo dell’infiltrazione stimato in 164,8 mm è risultato inferiore alla media del periodo 1951-2020 stimata in 212,3 mm.INTERNAL FLOWL'indicatore fornisce la stima annua (espressa in mm) della quantità di risorsa idrica rinnovabile che naturalmente si produce in un determinato territorio per effetto delle precipitazioni che cadono nello stesso territorio. L'indicatore è calcolato per ogni anno dal 1951 al 2020. Nel 2020 il suo valore di 367,4 mm è risultato inferiore alla media del periodo stimata in 469,8 mm.PERCENTUALE DEL TERRITORIO ITALIANO SOGGETTO A DEFICIT E SURPLUS DI PRECIPITAZIONEViene calcolata, per ciascun mese dal 1952 al 2020, la percentuale del territorio italiano soggetto a condizione di deficit e/o di surplus di precipitazione espresso mediante lo Standardized Precipitation Index (SPI) relativo alla precipitazione aggregata su 3 e 12 mesi. Nel 2020 il territorio nazionale è stato caratterizzato mediamente nell'anno da una situazione “normale” (–1 < SPI < 1), sia relativamente alla precipitazione cumulata su 12 mesi, sia relativamente a quella cumulata su 3 mesi, con percentuali del territorio rispettivamente di oltre il 75% e oltre il 70%.PORTATEL’indicatore fornisce una valutazione dell’andamento dei volumi d’acqua misurati in sezioni d’alveo di alcuni dei principali corsi d’acqua italiani rispetto all’anno e al decennio precedente. Per il 2020 è stato possibile rappresentare i dati di portata relativi a 6 sezioni di chiusura di altrettanti corsi d’acqua di rilievo nazionale (Po, Arno, Adige, Bacchiglione, Serchio e Tevere). Nel 2020 i volumi annui defluiti nelle sezioni di misura, presentano sensibili decrementi rispetto al 2019, con riduzioni comprese tra l’8% e il 29%, ad eccezione della sezione sull’Adige.PRECIPITAZIONIL'indicatore fornisce la valutazione (espressa in mm) dell'altezza d'acqua, ragguagliata alla superficie del territorio nazionale, che precipita al suolo (sia in forma liquida sia solida) per ciascun mese e per l'intero anno 2020. L'indicatore è confrontato, per ciascun mese dell'anno, con il corrispondente valore medio del periodo 1951-2020 ottenuto mediante la medesima metodologia. Nel 2020 il valore delle precipitazioni totali annue è stato inferiore al corrispondente valore medio del periodo 1951-2020.PRELIEVO DI ACQUA PER USO CIVILEL’indicatore si riferisce al 2020 ed è elaborato sulla base dei dati Istat relativi all’ultimo “Censimento delle acque per uso civile” effettuato nel 2021 e pubblicati nel dicembre 2022. Le informazioni sono fornite a scala nazionale, regionale e per distretto idrografico, suddivise a loro volta in prelievo da corpo idrico superficiale e sotterraneo. I valori del prelievo sono confrontati con quelli rilevati nel precedente "Censimento delle acque per uso civile" del 2018. Nel 2020, rispetto al 2018, il prelievo idrico per uso civile in Italia è leggermente diminuito.SICCITÀ IDROLOGICALe mappe di Standardized Precipitation Index (SPI) a 12 mesi del Bollettino di Siccità di ISPRA, che sono ottenute utilizzando le reanalisi di precipitazione a 2.5° del National Centers for Environmental Prediction (NCEP reanalysis), forniscono una valutazione a livello nazionale e a larga scala delle condizioni di siccità idrologica quantificando il deficit o il surplus di precipitazione. Il passo temporale di aggregazione a 12 mesi dello SPI è quello che meglio descrive gli effetti della siccità sulla portata dei fiumi, sulla ricarica degli invasi e sulla disponibilità di acqua nelle falde. Le mappe di SPI a 12 mesi hanno evidenziato, per l'intero 2021, una situazione nella norma nei quantitativi di precipitazione cumulata su 12 mesi, rispetto alla climatologia di riferimento (1948-2020), per la quasi totalità del territorio italiano, con alcune situazioni localizzate di surplus di precipitazione (umidità severa). Su scale temporali più brevi (3 e 6 mesi), le mappe SPI presenti sul Bollettino di Siccità di ISPRA hanno, però, mostrato diverse situazioni di siccità dovute a un minor apporto meteorico rispetto alla climatologia di riferimento, che ha caratterizzato in particolare i territori dell'Italia settentrionale. Inoltre, le valutazioni di dettaglio condotte mediante lo SPI calcolato sui dati pluviometrici sia a scala regionale (si veda, ad es., i bollettini idrologico mensile redatti dall'ARPA Piemonte) sia a scala distrettuale (si vedano i bollettini degli Osservatori distrettuali permanenti per gli utilizzi idrici) hanno evidenziato diverse situazioni localizzate di siccità. Tali situazioni sono state a fine 2021, specie nel Nord Italia, precursori delle situazioni di siccità severa o estrema che sono occorse, in maniera persistente, nel 2022.TEMPERATURA DELL'ARIAL'indicatore fornisce una rappresentazione dell'andamento delle temperature medie mensili registrate in città capoluogo di provincia/regione nel corso del 2020, confrontato con quello delle temperature medie mensili calcolato per le stesse località sul trentennio 1961-1990. Nel corso del 2020 si è registrato un aumento generalizzato delle temperature medie mensili rispetto al periodo di riferimento, in specie nelle città del Nord e del Centro Italia e in particolare nei mesi tardo autunnali e invernali. Va rilevato che nei mesi di giugno e soprattutto di ottobre i valori di temperatura, nella gran parte dei capoluoghi, sono stati mediamente del 6% più bassi rispetto al periodo di riferimento.