AGGIORNAMENTO CARTOGRAFIA GEOLOGICA UFFICIALE

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Il Progetto di Cartografia Geologica d’Italia alla scala 1:50.000 (Progetto CARG) prevede la copertura totale del territorio italiano attraverso la realizzazione dei 636 fogli che costituiscono la Carta geologica d'Italia alla scala 1:50.000. I fogli geologici attualmente in corso di realizzazione e quelli già completati allo stato attuale ricoprono una superficie pari a circa il 62% del territorio nazionale”.

CONSUMO DI SUOLO IN AREA COSTIERA

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L'indicatore quantifica le superfici di suolo consumato entro specifiche distanze dalle linee di costa e l'evoluzione temporale del fenomeno. È ormai artificializzato quasi un quarto del territorio entro i 300 metri, il 19% tra i 300 e i 1.000 metri e l'8,7% tra 1 e 10 km, a fronte di un 6,5% del resto del territorio.

CONSUMO DI SUOLO NELLE AREE SOGGETTE A VINCOLO

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Il D.Lgs. 42/2004 (Codice Urbani) è il principale riferimento normativo per la tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale (beni culturali e paesaggio). Le aree vincolate considerate nel loro complesso, cioè quelle identificate ai sensi dell’art. 142 e dell'art.136 presentano una percentuale di superficie consumata al 2023 inferiore alla media nazionale (5,43%), con un aumento nell’ultimo anno di poco inferiore a 1.400 ettari. La Campania è la regione con la più alta percentuale di suolo consumato in aree vincolate (11%) e con il maggiore aumento, sia in termini assoluti (+135  ettari) sia di densità dei cambiamenti (3,53 m2/ha).

GEOSITI

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L’indicatore esprime il numero di geositi, siti geologici di importanza tale da determinare un interesse alla loro conservazione e alla loro tutela, che sono stati, ad oggi, individuati, descritti e inventariati nella banca dati Geositi dell'ISPRA. Al 30 settembre 2024 sono circa 2.030.

IMPERMEABILIZZAZIONE E CONSUMO DI SUOLO

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L'indicatore quantifica il suolo consumato a seguito di una variazione da una copertura non artificiale a una copertura artificiale, secondo il principio del consumo di suolo netto, ovvero al netto delle trasformazioni da suolo consumato a suolo non consumato (in genere ripristino di cantieri e di altre aree che l’anno precedente rientravano nel consumo di suolo reversibile). Il consumo di suolo lordo registrato nel corso del 2023 ha riguardato 7.254 ettari di territorio, causando la perdita spesso irreversibile di aree naturali semi-naturali e agricole e dei loro rispettivi servizi ecosistemici.

SITI CONTAMINATI DI INTERESSE NAZIONALE

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L’indicatore descrive lo stato dei 42 Siti contaminati d’Interesse Nazionale (SIN) che coprono complessivamente 148.594 ettari di superficie terrestre (0,49% del territorio italiano) e 77.136 ettari di aree marine. La problematica riguarda tutte le regioni italiane, eccetto il Molise. Al 30 giugno 2024 per il 65% dell’estensione totale dei 36 SIN considerati sono disponibili informazioni sullo stato di avanzamento delle procedure: la caratterizzazione è completata nel 59% dei suoli e nel 55% delle acque sotterranee, mentre gli interventi di bonifica/messa in sicurezza sono stati approvati con decreto nel 13% della superficie per i suoli e nel 17% delle acque sotterranee. Il 17% dei suoli e il 6% delle acque sotterranee hanno concluso l’iter. Le informazioni offerte dall’indicatore delineano un quadro rappresentativo delle condizioni ambientali e delle risposte della società in relazione a obiettivi normativi e di sostenibilità.

SITI DI ESTRAZIONE DI RISORSE ENERGETICHE: GEOTERMIA

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In Italia, l’energia geotermica, rinnovabile e sostenibile, è concentrata in 10 concessioni toscane con 34 impianti che nel 2023 hanno prodotto 5.692 GWh, coprendo il 31% del fabbisogno regionale e il 70% delle fonti rinnovabili della Toscana.

Gli usi diretti del calore geotermico (climatizzazione, termalismo, teleriscaldamento) e le pompe di calore geotermiche, circa 20.000, sono in crescita ma ancora sottoutilizzati rispetto ai paesi nordeuropei. L’impatto ambientale è limitato e mitigato da sistemi di abbattimento (AMIS) e reiniezione dei fluidi. Le risorse italiane, concentrate nell’area tosco-laziale, mostrano anche un potenziale di recupero di elementi strategici come il litio, cruciale per la transizione energetica.

SITI DI ESTRAZIONE DI RISORSE ENERGETICHE: OLIO E GAS

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L'indicatore quantifica le attività di estrazione di risorse minerarie energetiche fossili (olio e gas) in Italia, fornendo dati su ubicazione dei siti, produzione, riserve e potenziali impatti ambientali. Al 30 novembre 2024, risultano 154 concessioni di coltivazione (55 in mare), 23 permessi di ricerca (6 in mare) e 15 concessioni di stoccaggio gas, concentrate in Pianura Padana. La produzione di olio, concentrata in Basilicata (91% del totale), è stabile, mentre quella di gas è in calo, con 3 miliardi di Sm³ estratti nel 2023. La sospensione delle attività di ricerca dal 2019 e l’introduzione del PiTESAI hanno ridotto le concessioni, mitigando l'impatto ambientale. Le riserve certe italiane ammontano a 41,8 miliardi di Sm³ di gas (65,2% a terra) e 84,6 milioni di tonnellate di olio, concentrate soprattutto in Basilicata e Sicilia.

SITI OGGETTO DI PROCEDIMENTO DI BONIFICA REGIONALE

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L’indicatore fornisce informazioni sui siti oggetto di procedimento di bonifica regionale, basandosi sui dati estratti dalle anagrafi e banche dati regionali. Nel 2023 risultano registrati 38.556 siti, di cui 22.191 hanno completato il procedimento di bonifica.

Per il 62% dei siti è disponibile almeno un dato di superficie (amministrativa o tecnica). I siti per i quali è nota la superficie amministrativa sono 21.711, pari al 56% dei procedimenti. Tra i procedimenti in corso il 59% dei siti è in fase di notifica, il 21% sta sviluppando o ha sviluppato il modello concettuale, mentre il 20% ha interventi approvati.

Per il 97% dei siti con procedimento di bonifica in corso, lo stato della contaminazione è noto:  6.400 sono potenzialmente contaminati, 3.974 sono contaminati e 5.502 sono in attesa di accertamenti analitici. Tra i procedimenti conclusi, solo nel 30% dei casi è stato necessario un intervento, mentre nel restante 70% il procedimento si è chiuso senza interventi.

CARBONIO ORGANICO DEL SUOLO E IMPATTO DEL CONSUMO DI SUOLO

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Il sequestro e lo stoccaggio di carbonio costituiscono un servizio di regolazione assicurato dai diversi ecosistemi terrestri e marini grazie alla loro capacità di fissare gas serra, seppur con diversa entità, secondo modalità incrementali rispetto alla naturalità dell’ecosistema considerato (tale regola vale in generale e nel contesto mediterraneo e del nostro Paese). Questo servizio contribuisce alla regolazione del clima a livello globale e gioca un ruolo fondamentale nell’ambito delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Fra tutti gli ecosistemi terrestri, quelli forestali naturali e seminaturali presentano il più alto potenziale di sequestro di carbonio. Nel pool suolo, in particolare, il carbonio organico costituisce circa il 60% della sostanza organica presente e svolge un'essenziale funzione positiva su molte proprietà del suolo. Partendo dalla mappatura realizzata nell’ambito della GSP (Global Soil Partnership- GSOC map) per il serbatoio suolo, dai dati dell'Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC) e dalle informazioni sulla copertura e consumo di suolo della cartografia ISPRA, l'indicatore fornisce una stima delle quantità di Carbonio Organico contenuto nei quattro pool per i suoli italiani e la variazione determinata dal consumo di suolo nel periodo 2012-2020 e 2012-2021. Lo stock per il 2012 è stimato essere di oltre 2,6 miliardi di tonnellate, un valore che fino al 2021 è stato intaccato per oltre 3,2 milioni di tonnellate e che è in costante diminuzione e con velocità annuali di perdita che ancora aumentano in otto regioni su venti.

DEGRADO DEL SUOLO

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Il degrado del suolo è una riduzione della capacità produttiva biologica della risorsa del suolo. Spesso, il processo di degrado è indissolubilmente legato alla perdita di biodiversità e agli impatti dei cambiamenti climatici. Per la valutazione del degrado del suolo occorre considerare diversi fattori interdipendenti che concorrono con differente incidenza sul fenomeno. Negli ultimi anni l’Italia ha aderito al progetto pilota sulla Land Degradation Neutrality (LDN), promosso dal Segretariato della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione e al programma LDN Target Setting lanciato dallo stesso Segretariato per aiutare e affiancare i paesi nell’individuazione dei target volontari di LDN e nella definizione delle misure associate per il raggiungimento del target 15.3 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, da valutare attraverso l’evoluzione della "Percentuale di territorio degradato su superficie totale del territorio" (Indicatore di sviluppo sostenibile 15.3.1). Sono stati adottati, per la valutazione dell'indicatore in Italia i tre sub-indicatori proposti dall'UNCCD nell'ambito della politica di LDN (copertura del suolo, contenuto in carbonio organico e indice di produttività del suolo). 

Vengono inoltre considerati ulteriori indici/parametri particolarmente rilevanti nel contesto italiano e disponibili a livello nazionale. I risultati mostrano che nel 2019 la percentuale degradata sull'intero territorio nazionale, escludendo i corpi idrici, secondo la metodologia UNCCD si attesta al 17,4% e quasi  56.000 km2 (circa il 18,5% del territorio nazionale) hanno subito un aumento di degrado tra il 2006 e il 2019.

POTENZIALE UTILIZZO DELLA RISORSA IDRICA SOTTERRANEA

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L’indicatore, basato sull'invio al Servizio Geologico d'Italia delle comunicazioni previste dalla L464/84, fornisce indicazioni sulla distribuzione degli scavi/pozzi/perforazioni di profondità superiore a 30 m, sulla tipologia d'uso delle acque emunte e sulle falde acquifere maggiormente sfruttate.

SITI DI ESTRAZIONE DI MINERALI DI PRIMA CATEGORIA (MINIERE)

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L'indicatore considera gli insediamenti estrattivi di minerali di prima categoria, come classificati dalla normativa in vigore, con l'esclusione delle fonti energetiche fluide e delle sorgenti di acque minerali e/o termali, presenti sul territorio nazionale dal 1870 ad oggi. Ha la duplice valenza di individuazione dei potenziali giacimenti minerari ancora sfruttabili con tecniche sostenibili e di localizzazione delle potenziali fonti inquinanti legate alle vecchie metodiche estrattive. Dei 3.016 siti che sono stati in produzione negli ultimi 150 anni, solo 94 hanno una concessione ancora in vigore e 76 sono i siti che risultano in produzione nel corso del 2020. 562 siti minerari dismessi o abbandonati presentano un grado di rischio ecologico-sanitario da medio ad alto. Diversi siti minerari musealizzati sono entrati a far parte della Rete nazionale dei musei e parchi minerari - REMI, coordinata da ISPRA.

SITI DI ESTRAZIONE DI MINERALI DI SECONDA CATEGORIA (CAVE)

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Le attività di estrazione di risorse minerarie da cava (come intese dalla normativa vigente) rappresentano un importante settore economico ma anche una fonte di problematiche ambientali che vanno dal consumo di risorse non rinnovabili del sottosuolo e del suolo, al potenziale inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, all'impatto negativo sul paesaggio, sulla biodiversità e, in alcuni casi, sulla salute umana. D'altra parte le cave rappresentano il luogo d'origine dei materiali che caratterizzano le città ed i borghi artistici del nostro paese. La crisi economica che ha investito pesantemente il settore a partire dal 2007 ha provocato una drastica riduzione delle attività di estrazione, con un tasso di decrescita in rallentamento negli ultimi anni. Nel 2017, su quasi 4.500 cave con autorizzazione in vigore circa il 60% risulta in esercizio.

USO DEL SUOLO

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L'indicatore descrive l'uso del suolo (agricolo, urbano, industriale o commerciale, infrastrutture, ricreativo, naturale e seminaturale, corpi idrici, etc.), riportando le superfici territoriali relative alle diverse classi secondo il sistema di classificazione CORINE Land Cover. Tra il 2012 e il 2018 si continua ad assistere all’incremento generalizzato delle aree artificiali urbane principalmente a scapito delle aree agricole. In Italia, come nel resto d'Europa, le aree coltivate mostrano una contrazione legata anche ai processi di abbandono colturale, oltre che a quelli di urbanizzazione.